On premises vs cloud: è davvero necessario scegliere?
Data: 29 Luglio 2020On premises vs cloud: è davvero necessario scegliere?
Di fronte al tema on premises vs cloud, le considerazioni da fare sono almeno due: innanzitutto, pur trattandosi di un argomento ricorrente da almeno un decennio, parlare di una vera e propria contrapposizione tra i due tipi di infrastruttura IT è di fatto una forzatura.
Nonostante il modello IT on-prem rappresenti l’approccio tradizionale, vincolato al peso dell’acquisto di hardware e licenze software, e il cloud sia invece sinonimo di massima agilità, scalabilità e ottimizzazione dei costi, la realtà è che entrambi gli approcci hanno punti di forza e debolezze e che appunto, come si vedrà successivamente, il modello migliore è quello che riesce a combinare il valore di entrambi.

La seconda considerazione è racchiusa nel titolo: in un ipotetico scontro on premises vs cloud, è necessario scegliere? Di fatto, la risposta è negativa: oggi è possibile combinare i benefici di entrambi in un unico ambiente.
On premises vs cloud: la presentazione dei concorrenti
Come anticipato, il modello on premises è quello tradizionale. È il concetto del data center privato che l’azienda ospita presso i propri locali e ha l’onere di gestire: dalla complessità del data center dipende la specializzazione delle professionalità coinvolte.
On-Premises: vantaggi e sfide
Il vantaggio principale del data center on-prem si riassume nel termine “controllo”: i dati sono confinati al suo interno, possono essere implementate rigide policy di sicurezza e verificata ogni momento la compliance con la normativa vigente, che in certi settori (per esempio, quello bancario o sanitario) è particolarmente stringente. Aspetti negativi, soprattutto in un ipotetico confronto on premises vs cloud, sono di fatto due: i costi dell’infrastruttura e della gestione, nonché la difficoltà nel creare un ambiente capace di un elevato livello di scalabilità.
Nel classico data center i server, le unità SAN, gli switch, le unità per il backup sono acquistate dall’azienda mediante spese in conto capitale (CapEx), che poi vengono ammortizzate in diversi esercizi. A tutto questo si aggiunge ovviamente il costo operativo e del personale, che concorrono al TCO (Total Cost of Ownership) dell’infrastruttura stessa.
Il cloud rivoluziona il paradigma IT
Sempre in ottica on premises vs cloud, quando si menziona il cloud ci si riferisce solitamente alla sua declinazione pubblica, quella resa celebre da Amazon AWS, Google Cloud Platform e Microsoft Azure. Nel modello cloud pubblico, il data center privato semplicemente non c’è: c’è un provider che fornisce via web risorse di elaborazione, storage, networking, piattaforme di sviluppo e applicazioni sulla base delle specifiche necessità di consumo.

I due principali vantaggi del modello sono l’ottimizzazione dei costi, che vengono calcolati in funzione delle risorse effettivamente consumate (modello as-a-service) e la scalabilità: i grandi provider forniscono, per esempio, elaborazione e storage con capacità pressoché illimitate e in grado di assecondare esigenze aziendali che cambiano di continuo. Di fatto, il cloud ha modificato le modalità con cui persone e aziende acquistano servizi IT, che ormai sono as-a-service, in modalità self service e one-click, cioè portano una netta semplificazione rispetto alle dinamiche tipiche del mondo on prem.
Il tema dei costi, però, richiederebbe un approfondimento maggiore. La dinamica as-a-service rende la previsione dei costi molto complessa, con il rischio di esaurire i budget anzitempo. Non è quindi detto che il cloud pubblico si riveli una mossa ideale sotto questo profilo, per quanto l’assenza di investimenti iniziali sia un fattore determinante, soprattutto per le PMI.
On Premises vs cloud, o il meglio di entrambi?
Anche il cloud pubblico, per quanto rivoluzionario, ha dei limiti. Come accennato, in un mondo ormai dominato da modelli ibridi e multi-cloud, la previsione dei costi è tutt’altro che intuitiva, e a questo si aggiungono – soprattutto in settori fortemente regolati – questioni relative al controllo dei dati e dei workload, che di fatto non risiedono più all’interno del perimetro aziendale.

Tutto ciò porta a considerazioni di sicurezza e di compliance normativa, soprattutto in ambienti fortemente regolamentati. Non è un caso, appunto, che attualmente il modello di maggiore successo sia l’hybrid cloud, ovvero il risultato dell’estensione del datacenter on premises verso il cloud attraverso l’impiego di risorse sia pubbliche che private, ma tutte soggette a una governance unica. Il cloud ibrido garantisce alle aziende la flessibilità e l’agilità del cloud pubblico insieme al controllo del dato tipico dell’infrastruttura privata, così da unire il ‘meglio dei due mondi’.